Come proteggere la propria reputazione?
Il reato maggiormente commesso con l’uso dei social network, ed in particolar modo attraverso Facebook, è quello della diffamazione (peraltro reato non strettamente informatico). Esso si realizza quando una persona, a prescindere che si trovi nella vita reale o in quella digitale, comunicando con altre persone, offende la reputazione di un altro soggetto.
Il reato di diffamazione è disciplinato dall’articolo 595 codice penale, con un trattamento sanzionatorio in caso di condanna che può andare da una pena pecuniaria finanche alla reclusione sino a tre anni. La reclusione è prevista nei casi in cui l’offesa sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (quindi anche online) o atto pubblico, o qualora sia commessa nei confronti di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o assimilabili.
L’utilizzazione di espressioni offensive, tali da recare un’offesa alle qualità personali, morali, o sociali e professionali di una persona (che può essere nominata direttamente o comunque facilmente identificabile), integra il delitto di diffamazione.
Specificamente il terzo comma dell’articolo 595 disciplina la diffamazione cd aggravata realizzata cioè tramite “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”.
Questa oltre a ricomprendere la diffamazione a mezzo stampa (commessa attraverso i media tradizionali), disciplina anche la diffamazione online (commessa attraverso i nuovi media), che è più subdola e pericolosa a causa della facilità con cui è possibile condividere e diffondere gli insulti via Internet.
Il web è uno strumento formidabile per la propagazione di contenutianche offensivi e diffamatori, poiché, una volta pubblicati online, essi si diffondono in modo incontrollabile ed a volte addirittura irreversibile.
Il messaggio pubblicato in rete, infatti, è più lesivo per la sua capacità di raggiungere un bacino di utenza globale, nonché per la difficoltà stessa di cancellare i contenuti negativi dai motori di ricerca (ad esempio Google).
Su quest’ultimi, infatti, i link riconducibili al contenuto diffamatorio cancellato, possono purtroppo restare visibili per anni, continuando a danneggiare irrimediabilmente la reputazione della parte offesa.
A tal proposito, la Corte di Cassazione in una nota sentenza n. 24431 del 2015 ha stabilito che: “la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo di una bacheca Facebook, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca di Facebook non avrebbe senso), sia perché l’utilizzo di Facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano … rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti”.
Offese attraverso un fake account
Molto spesso la diffamazione online viene perpetrata anche attraverso la commissione di un altro tipo di reato: la sostituzione di persona, che avviene tramite la creazione di profili falsi, sia sulla piattaforma Facebook che su altre piattaforme. Tale fattispecie è regolamentata dall’articolo 494 del codice penale e ricorre quando “qualcuno, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici”.
Questo delitto si realizza principalmente quando si apre un account a nome di qualcun altro rubandone l’identità, ma anche quando, con i fini sopra indicati, si apre un account (anche di posta elettronica) con un nome inventato. Ma non solo, il reato può sussistere anche quando vi è l’attribuzione a sé o ad altri di un falso stato, laddove “stato” identifica la posizione del soggetto all’interno della società, o l’attribuzione a sé o ad altri di una falsa qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici. E tutto questo al fine di trarre in errore gli altri utenti e/o per commettere ulteriori crimini.
Come posso difendermi dalla diffamazione online?
Il delitto di diffamazione è perseguibile a seguito della presentazione di querela da parte della persona offesa, entro 3 mesi dalla conoscenza del fatto. Se si è stati diffamati su un social network o su un blog è necessario, comunque, immediatamente:
- compilare il modulo di segnalazione online sul sito della Polizia Postale;
- procedere alla richiesta di rimozione dei contenuti dal web e dei link dai vari motori di ricerca;
- richiedere il sequestro preventivo, tramite oscuramento del contenuto diffamatorio ai sensi dell’articolo 321 del codice di procedura penale.
Tutto questo al fine di tutelare compiutamente il diritto alla privacy ed il diritto alla cancellazione dei link diffamatori anche attraverso la richiesta di intervento del Garante della Privacy (come disciplinato dal regolamento UE n. 2016/679), inteso come diritto all’oblio. Il diritto all’oblio, infatti, è il diritto di ogni individuo a non rimanere indefinitamente esposto ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia lesiva pubblicata in passato.